sabato 17 settembre 2011

UN URLO IN CERCA DI UNA BOCCA.

Baustelle – Il nulla
Foo Fighters – Arlandia
Ustmamò – Canto del vuoto
blueBUGS – Adesso è come quando non ci sei
N. Fidenco – A casa di Irene

Sì, ci sono, svuotando il trolley semidistrutto ho sparso sul letto tutte le ultime vicissitudini. Ho trovato alcuni frammenti di me degli ultimi mesi: io e Dave Grohl che ci scambiamo un'occhiata complice, io un giorno di primavera mentre dico «Liuk, ti meriti una vacanza, prepara i bigliettini», lei che dice cose strane sulle piante medicinali, io al corso di spagnolo sempre meno convinto, un'altra lei che me lo reinsegna, io che preparo delle torte, io a rimpinzare le tasche dei migliori ristoranti pinerolesi per far colpo, io mentre leggendo "Shantaram" (un libro che profuma di India) decido di visitare la Scozia da solo in autostop (strane associazioni accadono a volte), io che non dico di no a due amici che si vogliono aggregare al mio viaggio, lei che mi fa discorsi decisamente ambigui sui frappé herbalife, io al lavoro mentre guardando lo schermo del pc mi accorgo improvvisamente di avere i capelli lunghi, io col moleskine in mano all'aereoporto di Torino mentre in solitudine aspetto l'imbarco per London e ancora: frammenti a ricordarmi le selezioni da "indovina chi?" ogni qualvolta esco con una ragazza adornate di motivazioni impossibili (lei no perché non riuscirei a mantenerla economicamente, lei no perché mi vuole comandare, lei no perché ha un cognome incompatibile, lei no perché è astemia, lei no perché me ne innamorerei ma forse non sarebbe quella giusta, lei no perché non mi vuole mezzo, cose così), io che dormo a London in casa di un indiano e poi: Camden Town e gli odori, la ripartenza e quindi Sheffield, la foresta di Nottingham, Leeds, il freddo di Newcastle e la consapevolezza che sarei davvero arrivato in Scozia.

Scotland (Alba, in gaelico), la Scozia come sogno, come idea che si avvera, in trent'anni a inseguire certe domande sulla punta della lingua continuo la mia ricerca al nord di risposte da tenere care per il futuro e ancora prima di assaporarla mi rendo conto che anche questa volta raggiunto lo scopo questo verrà sostituito da un vuoto.
Perché sì!, realizzare un sogno è comunque sempre un punto di arrivo, e da lì non si può far altro che dimenticare e sognare un altro sogno perché solo le cose inaspettate ti si fondono nell'anima (altro frammento: io che penso la cavolata del "ti si fondono nell'anima" mentre guardo il paesaggio davanti a un daiquiri alla fragola in offerta a 5 euro in un bar di Naxos).
E forse, forse, il mio voler andare in Scozia è solo un riflesso della speranza di un giorno tornare a essere parte d'Islanda.
Successivamente ho un altro frammento di poche ore dopo e ci sono io alle 2 di notte sotto il diluvio a sussurrare estasiato «Edinburgh, wow!»
Ogni edificio è lo specchio di rancori altrui, la città coi suoi colori celebra la morte e la mischia con la vitalità degli artisti di strada (Il risultato? Edinburgh è lo stillicidio che mina la sanità mentale, come se con la sua continua pioggia, i suoi edifici affumicati, il castello costruito dove non si dovrebbe un minuto dopo l'altro prendesse le tue emozioni di vita vissuta e si divertisse a scomporle e ricomporle a casaccio senza mai distogliere lo sguardo dai tuoi occhi, turbati e gioiosi...)
Edinburgh è me in modalità random, dice un'altra scheggia fuoriuscita dal trolley. Ero io seduto al parco (lì su ogni panchina c'è una targa con il nome e una mini biografia di personaggi che hanno plasmato nel tempo la Scozia)
Edinburgh è bella come l'amore che si rivelerà per non essere assaporato se non nel momento della sua dipartita.
E poi altri ricordi, facendo avantiveloce: gli artisti di strada in festa per il Fringe, l'idea di visitare Loch Ness, la splendida pioggia incessante, il riprendere l'aereo da solo per Pisa dopo che la compagnia si è rivelata inadatta, l'odore della Scozia come una seconda pelle, Luca che si guarda allo specchio di un bar toscano e dice
«Sono tutti segnali, se le cose vanno così ci sarà un motivo, maremma maiala.»
Controllo le tasche, casomai qualche ricordo sia rimasto ancorato alle cerniere: ne esce uno, io che mi prenoto un viaggio per l'Andalusia e a metà prenotazione si cancella il viaggio stesso, lasciandomi quell'ora di panico a ripetere come un mantra malsano –non esiste che rimango mezza vacanza a casa, non esiste che rimango mezza vacanza a casa, non esiste che...
Negli ultimi tempi, dopo la catarsi di Edipo, ho quasi smesso col piangermi addosso senza barlumi di reazione (le braccia delle fate sono deboli, inutile credere alle loro promesse di stabilità) e così in un altro frammento ecco luca che scegli una meta casuale (europea, al solito): la Grecia.
In pratica: l'ultimo posto, insieme all'Albania, dove mi sarei aspettato di finire. E così, in breve tempo, ripassare quello che conoscevo di questa nazione frastagliata: olive, sirtaky, Zorba, Mediterraneo di Salvadores, Pollon, Zeus, Aprodite's child, Ovidio, yoghurt, piatti rotti, matrimoni grossi e grassi.
Ma la vita è magnificamente stronza e ogni volta che avvicini la felicità questa accelera e scollina dietro l'orizzonte: mezz'ora dopo il mio arrivo in quel di Atene riesco a farmi smaterializzare lo zaino da qualche greco che in questo momento sarà già in avanzato stato di decomposizione se le mie maledizioni soro giunte a bersaglio. E' la prima volta che mi rubano qualcosa e il danno, soprattutto a livello emotivo, è stato impressionante. Non per i vestiti o l'i-pod o la macchina fotografica o il sacco a pelo o gli altri oggetti, quelli si ricomprano e non hanno anima... ma per i miei moleskine storici impregnati del luca che fu e di quello semi attuale.
E poi c'era lui. Era lì dentro. Lui, sì.

Akka, mi manchi terribilmente.
So che le belle cose hanno sempre e comunque questa dannata data di scadenza impregnata di inchiostro invisibile, però tu dipendevi da me e io avevo promesso a entrambi che ti avrei protetto.
Beh, il risultato è questo.
Ti ho lasciato, ho lasciato che un greco qualunque ti strappasse via da me come se fossi un oggetto inutile, una rana verdastra in un oceano di pupazzi migliori e costosi.
Non ti ho difeso, non ti ho protetto.
Sono disperato, non ho nemmeno il coraggio di implorare il tuo perdono. Perché sì!, lo sapevo che tu eri sei rimarrai una proiezione di un me migliore, avevo ho bisogno del tuo sorriso perpetuo e sapere che ora, chissà..., sei finito in una discarica, beh..., mi annienta. Mi annienta. Potrei esser finto poeta e dire che una tomba migliore per te non poteva esserci, il Partenone di Athìna (Atene) come sfondo, l'eterno riposo degli dèi a sobillare l'inutilità dell'esistenza terrena, quando Pascoli sosteneva che della vita il fulcro è il sepolcro. Ma, lo so bene, sono tutte stronzate. Immense.
Tu sei stato rapito e io non sono stato attento.
Tu sei stato stuprato e io non ho messo a soqquadro la penisola per scovarti.
Tu sei un prolungamento della mia anima e io non ho curato il tuo benessere, ti ho dato per scontato e ora non ci sei più, così, semplicemente, come un finale improvviso dopo pochi atti, giusto il tempo di piangere, piangere, vomitare il dolore e respirare sensi di colpa perché mentre urlavi sorridendo in silenzio io ho continuato a vivere, addirittura a infatuarmi per qualche giorno di una donna che sia atteggiava da Audrey.
Sì, mio amico fedele, è questo che mi fa così tremare dalla disperazione: tu sei stato ucciso e io, egoista, ho lasciato ai feromoni il pilota automatico.
Penso al tuo sorriso che non potrò più meritare: avrei dovuto essere un uomo migliore.
Non ti dimenticherò, anche se mi odierai.
Non ti dimenticherò.
Addio, Akka.

Si chiude una porta e si apre un portone, a jè pà 'n malheur sensa 'n bonheur: mi aspettavo qualcosa di bello, sentivo che era l'ora di riscuotere il credito con la buona sorte, fino in fondo.
Briciole di ricordi ellenici mentre scuoto il trolley, riproietto mentalmente la devastazione di Atene: più macchine bruciate che integre, più cani randagi che persone, più vecchi sdentati che fanciulle svestite. Per usare un francesismo edulcorato, in sintesi, i greci mi stanno sul belino.
Dieci giorni nella tomba degli dèi a conoscere persone fantastiche (non greci, of course: italiani), persone sì, e quindi: nuove storie, aneddoti, modi di dire, accenti, pensieri consolidati nel tempo, odori, pelle da scoprire, manie, fratelli, magnifiche utopie toscane, brindisi, parole sconosciute o non immediate, sfide su "chi ne sa di più a proposito di", pensieri orribilmente giustificabili, feromoni in subbuglio (ancora!), parole non dette dopo occhiate malcelate, occhiate non date dopo parole mal interpretate, opinioni da nuovi punti di vista, voglia di dimenticare.
Frammento di passaggio: luca nel catamarano con affianco lei che sussurra «Come mai sei finito qui?» Attimi di sguardi in sospeso, luca si gira per prendere fiato e sferra l'attacco con un «Per incontrare te» detto senza accorgersi che la lei di turno, a causa delle pastiglie per proteggersi dal maldimare, si era nel frattempo addormentata. E tanti saluti all'atmosfera.
La mia stanza inizia ad essere trempa di ricordi, ne colgo uno e vedo un luca qualunque che si abbrustolisce sotto il sole di Santorini, immagazzina dettagli sull'architettura di Folegandros, si annoia di fronte all'ennesimo coro di "oooh" al tramonto e immagina mondi paralleli oltre il portale di Naxos.
Persone fantastiche dicevo, del genere che non ci si perde di vista col tempo, esattamente ciò che serviva al mio equilibrio psichico: dopo la delusione di alcuni amici, il conoscere nuove vite appare come una sorta di compensazione.
Rifiorivo, facendo finta che i petali non fossero neri.
E poi il viaggio di ritorno, col destino che decide di regalarmi un altro diario - tramite una Luisa di Bologna - e un incontro inaspettato, di quelli che sembrano l'inizio di un film intrigante.
Si decolla, io inizio a imbrattare il diario e la mia vicina anche: un paio di battute sulla casualità e stop. Poi le sbirciate ai pensieri altrui, lei che accende il notebook e inizia a correggere un suo racconto (a quest'ora sarà già un libro) sulle groupies. Bingo! 
«Scusa, so che non è corretto spiare ma... bel titolo.
E da lì in poi il destino torna a giocare a dadi con la mia vita impersonificandosi in una giornalista, Gabriella, conduttrice in una rete privata piemontese di programmi musicali mirati ai gruppi emergenti, nonché organizzatrice di festival eccetera eccetera.
In pratica: guardavo lei e pensavo che quella casualità dei posti accanto e di altri particolari, beh, erano segnali. So che l'uomo vede i segni che vuole vedere, a prescindere della veridicità, però in questo caso erano davvero troppi ed evidenti perché passassero inosservati.
E così Liuk torna a casa con la lei (del catamarano e di altri dettagli trascurabili) dopo aver congedato l'angelica conduttrice, sicuro dei suoi primi passi nel futuro prossimo: ricostruire una band, tornare nel mondo della musica entrando dalla porta principale, assaporare il sangue dei polpastrelli sfregiati, sentirsi vivo, fiero, utile.
Un paio di giorni dopo l'incontro il ritorno a casa questa volta non è riuscito a scalfire minimamente l'ambizione del liuk quasi trentunenne: un paio di telefonate convincenti et voilà!, la band è formata. Carica.
Oggi abbiamo superato la seconda prova (affittiamo uno studio di registrazione a Pinerolo) riprendendo mie vecchie canzoni: "Adesso è come quando non ci sei" ha superato la prova del tempo anche se con musicisti nuovi ho/abbiamo intenzione di stravolgerla, almeno in parte. E mi sembra sia stata scritta per Akka, ora.
Soddisfatto, sì!, al momento tengo all'oscuro i miei progetti musicali anche ai miei amici, ho in mente un ritorno di quelli indimenticabili.
Solo una cosa non sono riuscita a mascherarla affatto: dopo anni di vita in standby sono di nuovo un figo.