martedì 19 novembre 2013

I PALETTI DELL'HATE-TUMN.

SOUNDTRACK OF THE DAY
La canzone della bambina portoghese – Francesco Guccini
The silence – Gamma Ray
La pista anarchica – I Ministri
Nymphetamine – Cradle of Filth


Stavo passeggiando in vista di un rifugio, ora che i colori delle montagne sono finalmente di tonalità pastello, quando ho notato che la via principale è stata puntellata da paletti nelle zone più pericolose. "Un po' come la vita", ho pensato. Quanti paletti ho aggiunto, quanti ne ho sradicati negli ultimi anni? Da fidanzati li chiamiamo compromessi, da single diventano convinzioni, sulla fine restano pur sempre sbarre e modi di (non) fare che delimitano i confini tra il nostro raggio di azione e ciò che sta al di fuori, a ricordarci come un mantra che "sì ok Ulisse era un figo ma vuoi mettere una tazza di cioccolata fumante in casa invece di sfidare le colonne d'Ercole solo soletto?"
Quindi, a cosa porta piantar paletti? «A essere ciò che sei», mi son risposto evitando di calpestare una foglia giallorossoverde.


E da dove nasce l'esigenza di averne? In un periodo dove si viene bombardati da slogan e pubblicità non trovo risposte al motivo dei limiti: cos'è che mi dovrebbe davvero servire per stare bene? Muscoli, una Porsche, una cravatta in tinta con l'henné della fighetta siliconata di turno da ostentare durante l'apericena del venerdì? Boh.
Ho perso di vista molti amici negli ultimi anni - quando succede ti chiedi se davvero lo erano o se tu lo eri per loro - ma l'avere più spazio accanto a disposizione non mi ha fatto avvicinare all'orizzonte di un passo, così come se avessi un Suv anziché la Micra non allungherei di un millimetro il sorriso mattutino di fronte allo specchio.
Mio padre continua a dirmi che oramai a trentatré anni dovrei sistemarmi (com'è già che diceva il saggio? Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio?), trovare una donna seria per figliare, che dovrei ammansire la gatta, che se è vero che i sogni finiscono all'alba io mi trovo già in dirittura del pranzo.
Io gli rispondo al solito che sì (e uno), hai ragione!, è solo che ho ancora il viziaccio di innamorarmi delle ragazze fidanzate, di un'attrice che si diverte a scagliare i suoi cuccioli di drago gridando «Dracarys!» - non durerebbe, troppo focosa... - o di chi semplicemente non mi si fila o lo fa per educazione.


Io gli rispondo che sì (e due), la gatta è selvaggia e da qualche mese ostento sulle braccia più cicatrici di un eroinomane, però vuoi mettere condividere gli spazi con qualcuna che dona amore così, d'improvviso, un essere imprevedibile che fa le fusa e quando abbassi le difese ti graffia con aria innocente?


È un po' come l'idea che avevo anni fa di trasferirmi a Rapa Nui: mesi di informazioni e voli pindarici, ok Liuk tieni da parte i soldi e con tremilacinquecento euro riesci a fare un tour del Cile e da lì destinazione Isola di Pasqua, 20/25 gradi ogni giorno dell'anno, Welcome to Paradise e tanti saluti all'italietta delle false convinzioni.
Al solito però il tempo ha iniziato a sradicare alcuni paletti per impiantarne altri, fino a dirmi: Sì, va bene, il mare il sole la quiete e blablabla, ma... e con l'autunno, io che sono scorpione, come faccio? Dov'è l'evoluzione se negli occhi il panorama al risveglio sarà sempre lo stesso? Ricordo che al quarto romantico tramonto consecutivo pure la Grecia mi aveva stufato. È il paradiso, of course, ma forse il paradiso non fa parte di me. Mannaggia a quel maledetto dark side of the moon che allontana dagli ideali seminando di continuo dubbi, che quando sembri convinto di qualcosa spinge l'acceleratore a tavoletta verso un muro e non capisci se è reale o meno... e ogni volta finisci col catapultarti fuori dalla portiera appena in tempo. Il gusto acre di ciò che poteva essere in fondo dura poco, duetre Tequila ed è bello che digerito. Poi si sa, per certe scelte non esiste momento migliore di quello in cui le compi senza pensarci troppo: la notte porta consiglio ma il più delle volte amplifica le indecisioni («Quasi quasi domani mi faccio un tatuaggio» «Risposta sbagliata minchiolo, now or never»).
Ho intenzione di godermi i trentatré anni, adoro i numeri dispari: dividi le azioni in due gruppi, da una parte ciò che reputi giusto dall'altra gli errori e avanzi un annetto che saltella ghignante sfidandoti col dito medio, così lo guardi meglio e ogni volta scopri che ha la tua faccia.
Quindi via Liuk!, anno nuovo significa pur sempre nuova rivoluzione, poco importa se ieri leggendo un libro regalatomi di Tiziano Terzani mi sono imbattuto a pagina 216 in «La rivoluzione è come un bambino; nasce bellino, ma magari dieci anni dopo diventa uno stronzo, gobbo e cattivo.»
In fondo la gioia è proprio lì in attesa di essere scoperta, nascosta come un crotalo all'ombra dei paletti piantati a giustificare inutilmente le nostre rinunce e insicurezze. Si tratta solo di superare la paura dei sonagli e coglierla a occhi chiusi, per il resto "Que sera, sera. Whatever will be, will be", probabile che una volta riaperti ci si scopra meno soli –per quanto questo possa importare, intendo.
Sorridenti, anche, perché no. La vita è bella, pure quando l'autunno termina.
STAY TUNED.


"E poi e poi se ti scopri a ricordare 
ti accorgerai che non te ne importa niente.
E capirai che una sera o una stagione son come lampi 
luci accese e dopo spente.
E capirai che la vera ambiguità è la vita che viviamo, 
il qualcosa che chiamiamo esser uomini.
E poi e poi che quel vizio che ci ucciderà 
non sarà fumare o bere
ma il qualcosa che ti porti dentro 
cioè vivere, vivere, vivere..."