(ovvero:
voli pindarici senza paracadute e altri pensieri che non si concludono o meglio
terminano solo quando decido che)
Saltuariamente
(lo ammetto: scrivo questo post per poter dire di averne iniziato uno con
"saltuariamente") mi dedico a un progetto di cucina, io che cucinare
non so. Così, per sentirmi fuorilegge. Si tratta di "Solo un velo di
farina" creato da Ljuba Daviè, per dire.
Va beh, "collaboro" è eccessivo: lei
mi manda la foto della ricetta, la lista degli ingredienti e se serve qualche
informazione, io ricamo una storia di una o due pagine.
Tipo
questa Bagel di farro
e
questa Magic Cake
È
distrazione creativa, o meglio: capitano i periodi in cui non hai stimoli per
svolgere la tua attività, quando prendi una biro e pensi "Quindi. E
ora?".
Scrivere di un qualcosa a me estraneo è un ottimo banco di prova,
mi aiuta ad allontanare i demoni quando Zooey è impegnata a cacciare le mosche.
È
che da buon scorpione ogni tot devo confrontarmi con le insicurezze se no
finisco col prendermi sul serio. Di solito quando accade di credere troppo in
ciò che dico finisco col litigare perfino con la mia faccia. Vi assicuro che
fare la barba a un viso imbronciato è snervante.
Quindi
tanto vale mettersi in gioco: forse l'anima non è – se esiste – una semplice massa
di elettricità, comunque sia per continuare a vivere necessitiamo di tensione.
E poi scrivere a un pubblico prettamente femminile (i grandi chef che fanno i
fighetti in tivvù sono uomini, ma la cucina è donna) mi porta a usare un
registro differente, è una sfida pure questa.
Comunque.
Primo
caldo, ferie premettendo (credo quest'anno mi tocchi l'autunno) inizierò a
pianificare la destinazione con le solite tessere o i bigliettini. Le tessere mi
ricordano Indovina chi?, e già da bambino mi pareva così definitivo il tirar
giù caselle. Ero matto per il didò. O i Lego, quelli non a tema. O le mollette
della nonna nel cestino sul balcone, costruivo robot giapponesi per liquefare i
passanti e le farfalle. Tirerò a sorte nuovi nomi, nuovi posti, sicuro che se
tornassi in Islanda ora la troverei differente. Come me, che pure quando evado
rimango prigioniero di me stesso. Non vorrei ritornare laggiù a breve ma non so
il motivo, sicuro non il timore di restar deluso: in fondo come un po' chiunque pure io mi deludo da sempre
eppure continuo a convivermi. È altro, tipo il bisogno di tornare a sgranare
gli occhi e riscoprire quant'è bello aprire il moleskine per condividere col
pianeta le sensazioni. Esistono animali e posti bellissimi che ancora non ho
vissuto con l'inchiostro a portata di penna. Focus e il National Geographic
sono fonti inesauribili di curiosità e certe loro informazioni bisogna pur
verificarle, prima o poi.
Dicono che la lucertola Gesù Cristo cammini sulle
acque della CostaRica.
Dicono che le balene durante l'inverno in Baja California
siano uno spettacolo, uno spet-ta-co-lo.
Dicono
che i koala non siano romantici vegani impazziti ma abbraccino gli alberi per
abbassare la temperatura corporea.
Dicono pure che il Maelstrom norvegese non
sia una licenza poetica.
L'unica
è indossare il saio di San Tommaso e guardare, poi ascoltare a occhi chiusi e
tirare le somme.
Sempre
e solo, comunque sia, senza internet smartphone e altre parolacce al seguito.
Nessun selfie col rinoceronte di passaggio mi rovinerà l'atmosfera di un
tramonto equatoriale; capisco che se non posto nulla su feisbuk la vacanza sarà
come se non fosse avvenuta però echeccazzo, niente instagram, nessun messaggio
con sotto la dicitura ruffiana "Luca SkyWriter si trova nei pressi
di...".
Altro?
La Zooey cresce forte e sana, ultimamente ha sostituito il mio braccio destro
al tiragraffi rendendomi una copia in t shirt azzurra di Edward ManiDiForbice,
spero si stanchi presto. Potrei incatenarla sulla sedia a fissare i Mondiali ma
non ho ancora capito qual è la sua squadra preferita.
Per
il resto, credo che inciderò nuove canzoni, non so ancora quando. Ho lasciato
trascorrere molto tempo dall’ultima volta, le tossine sono finalmente
scomparse. È ora di riprendere. Magari iniziando col rivestire vecchi brani,
vediamo cosa ne uscirà.
Di coinvolgere altre teste, visto la mia mancanza
cronica di buonsenso nel reclutare presunti artisti, non è ancora il momento.
Artisti, strana razza.
Da fuorilegge in affanno a
volte non riesco a risalire la corrente, a volte nemmeno si capisce da che
parte stia procedendo.
Certo, perlomeno gli artisti non stuprano l’arredo
urbano come quegl’altri, eppure l’impressione è che di entrambi ogni giorno ne
nascano migliaia. Schiere di neolaureati con in testa il progetto di un
imprescindibile grattacielo sbilenco, musicisti che ti fracassano lo scroto
obbligandoti a cliccare mipiace sul loro ultimo brano dalle rime più scontate
di Poltrone&Sofà, scrittori che alle mie richieste rispondono con “All’ora,
x prima cosa…” e “Ora non posso rispondere o l’esame”.
Artisti che spuntano come funghi, quando la civiltà
avrebbe bisogno di stagioni ventose.
((fortuna che non mi legge nessuno se no dovrei
smettere per dare il buon esempio))
Forse è solo che non capisco molto il prossimo.
Anzi, “il prossimo” è un’espressione ridicola, non trovate? Prima, sempre e
comunque c’è chi sta pensando (tu che leggi, io che scrivo), poi una linea di
demarcazione e infine “il prossimo”. Tu e gli altri, non c’è da fare.
"Non
tutti siamo ossessionati dal baseball o dalla pesca, però tutti siamo ossessionati
da noi stessi. Siamo il nostro hobby preferito. Esperti di noi stessi."
(C.P.)
E quindi? C’è comunque gente che continua a
combattere l’illegalità, anche se tra Expo, Mose ed esili dorati in Italia si
respira aria viziata da Prima Repubblica. C’è ancora speranza, ma anche lì
Speranza sta diventando più che un ideale un bel nome da dare a una figlia. Mai
che venga colto in flagrante un matematico, però: ci sarebbe da ridere sul
senso di tangente.
Si sta perdendo il senso delle leggi: a cosa serve
la legge quando oramai quasi nessuno più legge?
Le ragazze fan la fila per osannare Miley Cyrus e i
ragazzi pregano affinché quelle ragazze imparino bene la lezione.
È un po’ triste, ecco.
Nell’epoca in cui la corruzione e i capelli bianchi
partono dal cuore, il Vero Amore è merce proibita. Non che la cosa mi consoli,
eh.
Anche il fuorilegge, la parte sana dell’inconscio,
è spiazzata.
«Mi spiace d’averti irritato» disse lei. «Non sono
tempi facili per chi è principessa.»
«Già. Non sono nemmeno facili per chi è fuorilegge.
Non c’è più consenso morale. Nei giorni in cui più o meno si era tutti
d’accordo su cosa era giusto e cosa sbagliato, un fuorilegge si limitava a fare
le cose sbagliate che andavano fatte, per libertà, bellezza o divertimento.
Adesso le distinzioni sono confuse, un gesto deliberatamente sbagliato – ma
giusto per il fuorilegge – può essere considerato giusto anche da parecchi
altri, il che deve per forza voler dire che a sbagliare è il fuorilegge. Non si
possono inclinare i mulini a vento se si rifiutano di star fermi.»
(T.R.)
L’unica per ora è non arrendersi/mi, continuare a
confrontarsi con gli altri cercando di capirli il più possibile prima di
prendere decisioni, prima di viverne il grado di affinità e catapultarsi su un
altro soggetto. Indipendentemente dal risultato.
Proprio come l’Indovina chi?, trovare il senso di
cosa si è o di un ruolo consapevole nella società.
Dopo ogni esperienza elimini una tessera, magari
con un po’ di fortuna arriverai al giorno in cui ne resterà solo una. È quello
il momento che più rasenta la paranoia: il risultato finale, la somma, il
momento in cui ti rendi conto che la consapevolezza odora di definitivo.
Per questo si legge, ci si confronta, si combatte:
per avere un buon inchiostro quando saremo di fronte a quell’ultima tessera
bianca. Quel che succederà dopo, come tutto il resto, è vita.
In fondo l’attività che più abbiamo a cuore
(scrivere, giocare a calcio, cucinare, spippettarsi, mangiarsi le unghie,
rubare i gessetti colorati, fotografare i gatti, calpestare castelli di
sabbia…) aiuta a conoscerci meglio, e chissà se poi una volta di fronte a
quell’ultima tessera qualcuno non decida di abbatterla.
In fondo non possiamo essere compresi dagli altri
proprio per la nostra natura unica, perché mai dovremmo accettare per forza un
ruolo?
Avete presente il discorso delle due metà, che una volta era parte del Simposio di Platone ma oramai i più conoscono come
quello di Giacomo, il tizio del trio che fa Tafazzi?
Lì si parla delle due metà del nostro ricercare
perennemente la parte a noi mancante per completarci appieno e blablabla
(fingendo di non ricordare gli U2 e il loro “We are One but we’re not the
same”)
C’è sempre però l’entropia a fottere le migliori
intenzioni.
La mela è stata tagliata in due. Ok, un paio di
volte nella vita capita di trovare la parte mancante. Ma insomma, nessuno fa
caso al succo infinitesimale che è rimasto appiccicato al coltello? Forse è lì
la risposta, il motivo delle nostre incomprensioni.
In una delle prime puntate di Breaking Bad, Walter
White elenca i componenti del corpo umano e ogni volta a mancare è una
percentuale minuscola.
Come se per comprendere ciò che siamo non sia
importante analizzare le tessere che abbattiamo ma piuttosto decifrare gli spazi
vuoti rimasti tra una tessera e l’altra.
Lavoriamo inconsapevolmente di fantasia, ogni
istante.
Siamo gli spazi vuoti delle vignette.
Siamo succhi alla mela.
Siamo l’entropia di noi stessi.
Tempi duri per i fuorilegge, sì.
Per l’Amore, boh, ci sarà un momento, prima o poi. Io son qua.
«Tutti
sognamo profusamente, eppure al mattino abbiamo dimenticato il novanta per
cento di ciò che è successo. Ecco perché i poeti sono tanto importanti nella
società. I poeti ricordano i sogni per noi.»
«Sei un poeta?»
«Sono un fuorilegge.»
«I fuorilegge sono membri importanti della
società?»
«I fuorilegge non appartengono alla società. Però
possono essere importanti per la società. I poeti ci ricordano i sogni, i
fuorilegge li mettono in atto.»
(T.R.)