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Fine giornata, una di quelle che forse
è la pioggia, forse il mio continuo restare invisibile schivando
testardo le secchiate di colori che mi gettano alcune persone, forse
è il ripetersi di monasteri senza ancora aver formulato in testa La
domanda, insomma: mi sento a mio agio in Nepal. Ma sono fuoriluogo
anche qua.
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Arrivato di fronte a una fontana, mi
donano una moneta.
"Lanciala nel secchio in mezzo. Se
lo centri, il tuo desiderio si esaudirà."
Ho visto un bel po' di gente lanciare
senza successo, so di avere una discreta mira eppure quando la
ragazza accanto a me si è rabbuiata per aver sprecato il lancio le
ho donato la moneta d'istinto.
"Tieni. Ti cedo il mio desiderio",
le ho detto.
Che frase da sciocco!
Tra l'altro, cosa potrei desiderare se
manco so chi sono? Ad agosto l'ho vista la stella cadente dal balcone
di casa e anche allora non ho pensato a nulla.
Mi suona strano desiderare qualcosa in
una terra che il destino ha voluto visitassi forse proprio per
staccarmi dal desiderio.
Cosa dovrei dire, cosa si aspetta la
gente che dicessi?
"Ti prego (chi, poi, con
esattezza?!?) fai in modo che venda milioni di copie col romanzo?"
Che tristezza, non è un desiderio, è
una imposizione verso gli altri.
Molti desiderano la felicità per i
propri famigliari, ma pure in questo caso mi sembra una forzatura, un
concetto troppo soggettivo.
Nepal, ho capito che mi stai
risintonizzando le frequenze; io non pretendo grandi cose, giusto un
segnale che possa perlomeno intuire. Era la ragazza scomparsa nel
fumo, il segno? Che stupido.
Liuk, divertiti. Mi han detto che la
felicità sarà una naturale conseguenza, che imparando a sorridere
uno poi non è più sconvolto dai sorrisi di risposta.
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"Non essere troppo cerebrale. Non
interpretare ciò che leggi per filo e per segno. Dimentica la storia
dei desideri, pensa piuttosto a ciò che vorresti essere. Il medico
che vorrebbe essere giardiniere non è un medico felice."
Sono ancora indeciso se giudicare i
nepalesi troppo saggi o fancazzisti: tergiverso. Magari è la stessa
cosa.
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Oggi sono stato in un tempio tibetano
femminile di Vattelapesca, non ricordo il nome del paese.
Ho avvertito un'energia differente, gli
occhi che pulsavano. Non è suggestione. Oramai sono in questa terra
da qualche giorno e inizio a capire quali leve devo spingere. Davanti
a una statua coi denti aguzzi ho domandato non più chi sono ma chi
potrei diventare.
Il tutto come sempre a occhi chiusi –
voglio dire: nei templi c'è silenzio e si cammina scalzi, dopo un
po' si impara anche a vedere senza guardare.
La statua mi ha risposto.
Ok, sto imparando pure che la risposta
è dentro di me e quindi ciò che ho sentito in reatà sono le mie
parole con la sua voce e blablabla, non importa. Ho visto tutto in
modo chiaro. Sono sereno.
All'uscita ho imbrattato un poco il
moleskine guardando i bambini monaci giocare a palla schiava.
Non so ancora chi sono ma ora so chi
potrei diventare.
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È l'ultima notte di settembre e oggi
ho visto come si forma un lago di sangue: se avessi avuto una
telecamera avrei potuto formare un time lapse un pochino splatter ma
dubito che i più apprezzerebbero il risultato. In effetti lo straaap
di una gola è impressionante, anche dopo averne sentiti decine.
Dicevo: è l'ultima notte di settembre,
sono a Bakthapur, un paese splendido.
Mi hanno avvertito di dormire coi
tappi, che dalle 4 i monaci e i fedeli inizieranno le preghiere nel
tempio dedicato a Shiva, casualmente proprio accanto all'ostello.
Potrei fingermi lui e per placare la
mia ira richiedere 108 caprette da sacrificare ma insomma, di sangue
e sgozzamenti vari ne ho visti fin troppi oggi, può bastare. Mi
hanno spiegato che sacrificare animali per quest'occasione non è
solo un onore ma anche il modo per mangiare carne. Per un popolo
poverissimo che vende gli animali allevati per ricavare qualche
rupia, la festa in questione è l'unico giorno dell'anno in cui
avranno un menù non da vegetariani coatti. Natale e Pasqua in una
botta sola.
Oggi è stata dura: vedevo i figli dei
macellai sguazzare a piedi nudi nelle strisciate di sangue, intorno a
file infinite di fedeli che aspettavano il turno di venerazione con
il loro animale e la ciotola delle offerte. Si narra che dopo la
morte, se non abbiamo compiuto una buona vita, ci si dovrà
reincarnare 8 milioni e 500 mila volte in altre forme prima di
tornare umani e avere una seconda possibilità. Il sacrificio animale
è visto anche come un modo per velocizzare il tutto.
L'induismo, pur se primitivo per alcuni
aspetti, è affascinante. E i gong continui sono estatici.
Questa è la mia ultima impressione di
settembre 2014: siamo un continuo divenire.
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Una donna rende lo zaino e il
portafoglio dimenticato da un turista.
Sento dire "Certo che sono onesti,
per essere così sporchi."
"È più sporco il denaro",
commento.
E riprendo a camminare, per le strade
di una cittadina ricostruita dopo il terremoto del '34, a pochi
chilometri dal confine col Tibet. Continuare a camminare, sorridere
ai bambini, sorridere a me stesso, amare il Nepal, amare te, amare
me. E dopo, superata la risaia, riprendere il cammino. Con un nuovo
dettaglio da aggiungere al Mandala della vita.
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Come ogni viaggio esige, questa volta
seduto su un furgoncino Wolksvagen anni 70 ascolto The times are
a-changin' attraversando un villaggio davvero bellino. Il caso vuole
che sia capitato durante la raccolta del riso. Sono seduto e osservo,
con l'armonica di Dylan a scandire il ritmo della giornata. È una
bella sensazione.
22
Bhaktapur. Vista dalla terrazza, noto
che il cielo è un'esclusiva per falchi e aquiloni da battaglia.
Vedo l'ombra di un rapace volteggiare
tre volte sopra di me, sopra la quiete della città. Immagino sia la
mia Lady Hawke. Non alzo lo sguardo per controllare.
23
Il Nepal è uno specchio frantumato e
in ogni riflesso c'è un io differente.
Masticare il Nepal: concepire la
violenza estraniando l'atto in sé dell'uccidere. Non è sadismo ma
un gesto di ineluttabile sopravivenza collettiva. Compreso questo, il
ci-ciak delle suole quando calpestano il sangue rappreso non è che
uno dei mille suoni che accompagnano gli eventi.
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Luca, devi focalizzare.
Focalizza, liuk.
25
L'obiettivo di oggi è la Pagoda per la
pace nel mondo. Per raggiungerla sto attraversando una foresta
tropicale, piena di zanzare libellule giganti farfalle blu scimmie...
Fa caldo, quel caldo che sudi solo nel
pensarlo. Eppure. Chissenefrega. C'è questo panorama che,
insomma..., si domina la valle di Kathmandu, e dire "Kathmandu"
continua a riempirmi la bocca di sogni. Sono fermo al bar fissando
l'Universo, qua a Pokhara è un via vai continuo di farfalle!
Leggo che il luogo è stato scoperto
dagli hippie durante gli anni 70, c'è un senso di pace che nessuna
umidità può distorcere.
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Sua Maestà, Everest.
L'Annapurna, la Dea dell'Abbondanza, mi
è apparsa un giorno alle 5 della mattina, così, come le cose belle,
senza chiedere permesso.
L'Everest è pazzesco, si erge dietro
un'altra vetta come un discolo in punta di piedi che nella foto di
fine anno si piazza in ultima fila, non tanto per vergogna quando per
poter fare le corna a quello davanti.
Vedere tutta la catena distesa al di
sopra delle nuvole non mi ha annullato come credevo, piuttosto ho
provato un qualcosa simile a gratitudine.
E poi, l'alba: se esistono momenti che
nonostante il perpetuarsi ancora non si riesce a descrivere con
esattezza, lei è tra questi. Ogni volta si manifesta con dettagli
differenti, è Angelina Jolie che ti si presenta firmata Armani, nuda
o Desigual a seconda di variabili sconosciute.
L'Everest che trapassa le nuvole e
senza movimenti percettibili saluta con l'ostentazione del pavone mi
ha riempito gli occhi. Era lì, a un passo dai cumulonembi e a pochi
metri da me. Per un po', giusto il tempo di preparare la macchina
fotografica, ho pensato che il rapporto che si stava instaurando tra
l'Everest e me era pressoché identico a quello tra me e l'amore:
entrambi, per motivi differenti, siamo orizzonte.
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Cosa mi ha insegnato il Nepal; le
statistiche dicono che è la settima nazione più povera del pianeta.
Kathmandu la seconda al mondo più inquinata. Potrei sciolinare
notizie ricavate dai siti italiani (eggià, il belpaese dei
sessanta&rotti milioni di abitanti che si credono superiori e al
sicuro dai cattivi mistificati al tg...), la domanda che mi porterò
al rientro sarà sempre la stessa:
può essere considerata inferiore,
rispetto alla tua – sì, alla tua, di te che ora leggi – una
nazione popolata da individui – non importa se donne uomini vecchi
bambini – che vedendoti provano la naturale Gioia Empatia
Cordialità nel pronunciare a mani giunte – con la bocca e con gli
occhi – Namasté? Io, io credo di no. Davvero. Non a caso Buddha è
nato in Nepal. Non a caso la nazionale nepalese di calcio è la più
scarsa del mondo. Ma questa è un'altra storia...
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Una sola solitudine
Tra irrealtà bucoliche.
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La situazione che credevo di dover
risolvere, anche grazie al viaggio, era l'eliminazione – o
perlomeno un abbassamento – delle aspettative da parte degli altri,
soprattutto quando compio gesti a me inusuali. Il Nepal mi sta
insegnando tantissimo. Ho iniziato a capirlo quando ho ceduto il mio
desiderio a quella ragazza: è stata a mente fredda una azione che
non ha spostato gli equilibri del mondo, eppure nei film qualcosa
sarebbe accaduto.
La vita, per fortuna, non è un film.
E il Nepal, con la fierezza dei suoi
dei – Shiva, in primis – mi ha aperto con la forza gli occhi, in
attesa che mi spunti il tezo (oltre a quello che ho tatuato sulla
spalla).
"Agli altri di ciò che fai non
frega niente, ma proprio per questo sii buono, giusto, soprattutto –
nel bene o nel male – cosciente e consapevole delle tue azioni.
Fallo per te, ricorda allo stesso tempo che non sei che sabbia che
fluttua nel vento cosmico, l'ennesima entropia di te stesso."
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Non credo che la sporcizia di Kathmandu
sia sintetizzabile come semplice pattume, che non sia un qualcosa di
casuale, al di là della religione e altre considerazioni razionali.
Il propagarsi di virus non è, nel caso di questa città, un qualcosa
di fine a se stesso.
Kathmandu non è un ricettacolo di
virus,
Kathmandu È un agente
scatenante.
È probabile che come buona parte delle
cose inoculate invisibilmente durante la nostra vita, al ritorno a
casa, quando il maldigola e il raffreddore saranno ricordi lontani,
senza preavviso esploderà.
Già mi immagino, sveglio in ritardo
con l'ansia di andare al lavoro, bagnarmi la faccia e rialzando il
volto leggere KATHMANDU sullo specchio.
Non c'è medico che tenga, quando ti
svegli e scopri d'essere ammalato di vita.
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Dall'aereo la mappa afferma che il volo
di ritorno è iniziato da 3 ore e 16 minuti. Dallo schermo davanti
riguardo – e che effetto maestoso quando si rientra - Into the
wild. Ma mi attira di più il finestrino: amo l'immenso quando decide
di rivelarsi.
Durante i primi viaggi mi soffermavo a
osservare le nuvole, su come l'istinto ti volesse sopra di loro a
correre senza scarpe. Ora ho imparato a trapassarle: le coordinate
dicono che sto sorvolando l'Iran, ed è bellissimo. Bel-lis-si-mo.
Chissà attraversala a piedi, quante cose avrà da insegnarmi. Si
notano le catene montuose, le strade che chissà dove vorrebbero
accompagnare i viaggiatori.
A volte compare quello che potrebbe
essere un agglomerato di case. Vorrei vederle, sì.
Il Nepal ha spazzolato via la pelle
morta che mi portavo appresso coi pregiudizi.
Riguardo quella strada tortuosa dal
finestrino; è la strada dentro ognuno di noi, ne intravedo le
biforcazioni continue e i punti ciechi e le buche e il brillio dorato
dietro la montagna dove pare la strada finisca.
Ma poi, chissà. Da quassù non si
capisce bene se il dorato è dopo, all'arrivo, o è la strada stessa.
Il pianeta che calpestiamo contiene
diversi livelli di percezione (il Nepal è strada ma pure cultura,
sorrisi, sangue, odori...) ed è fantastico rendermi conto che sono
cosciente di sporcarmi di vita. Puoi, posso, arrivare ovunque, quando
il viaggio parte dal cuore.
Si diviene immensi, proprio come le
distese offerte dal finestrino dell'aereo.
...
Spero che un giorno leggerai anche questi pensieri, Persona-che-incontrerò, magari ti piaceranno.
Spero che un giorno leggerai anche questi pensieri, Persona-che-incontrerò, magari ti piaceranno.
Nel frattempo divertiti, amore mio. Io
ora torno a casa, ho una gatta che mi aspetta.
Namasté.
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